Alaska The Spill 20 Years Later

Un progetto Storie della Terra, girato in Alta Definizione, prodotto da AGB Studio Video, con le riprese e la fotografia di Alessandro Beltrame, i testi di Jacopo Pasotti e gli scatti di Paolo Petrignani.

Alcuni numeri: 400 Gigas di girato in HD, location Prince William Sound (Alaska), temperature operative da - 35° C a + 9° C, durata spedizione 20 giorni, 3 ad Anchorage, 4 a Valdez, 4 giorni imbarcati e 4 a Cordova, 5 di trasferimenti vari.

Il 24 Marzo del 1989 la superpetroliera Exxon Valdez si incagliava non lontano dal porto di Valdez, in Alaska, dando origine al più grande disastro ambientale nella storia degli Stati Uniti. In venti giorni 38mila tonnellate di greggio hanno contaminato 2100 chilometri di costa. Tra le vittime della marea nera c’erano 33mila persone in maggioranza pescatori e nativi d’Alaska, che dipendevano dalle risorse del mare. Ed almeno 250mila uccelli marini, mille lontre di mare, 300 foche, 250 aquile.
Oggi, venti anni dopo la sciagura, la comunità scientifica ammette di aver sottovalutato l’impatto che l’incidente avrebbe avuto sulle coste del Prince William Sound, un paradiso per la biodiversità.
Il bacino oggi sembra ripulito. Ma alcune specie animali non si sono ancora riprese, come le orche e le aringhe. E ci sono spiagge come quelle della Eleanor Island, nel centro del golfo, in cui basta scavare pochi centimetri per trovare una pozza si petrolio maleodorante. Quell’olio è l’eredità del disastro. E’ là da venti anni anni e, secondo gli scienziati, ci resterà per altri trenta, prima che la natura riesca a cancellare ogni traccia dell’incidente.
“Pensavamo che la natura avrebbe cancellato ogni traccia di petrolio nel giro di qualche anno. Non mi aspettavo di essere ancora qui venti anni dopo”, dice Stanley Rice, del National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Secondo Rice, il Prince William Sound oggi gode di una discreta salute. “Ma non è vero quello che dicono alla Exxon: che è tornato tutto come prima. Alcune specie di uccelli non si sono mai riprese, le orche neppure, e le aringhe, che erano fondamentali per l’economia dei pescatori non sono mai tornate”.

In un paese come il nostro, al centro del mare più trafficato al mondo, la storia della Exxon Valdez ha un che di famigliare. Nel 1991 la superpetroliera Haven è affondata al largo di Genova, liberando in mare (e nell’atmosfera, visto che la nave si è incendiata) decine di migliaia di tonnellate di greggio. E’ stato il più grande disastro del suo genere nel Mediterraneo. Parte dello sversamento è stato recuperato, ma un’altra parte giace ancora sul fondale. Se allora le condizioni climatiche e la lentezza delle operazioni di recupero fossero state come quelle del 1989 in Alaska, una gigantesca macchia nera ed oleosa si sarebbe sparsa per il Tirreno. Avrebbe raggiunto l’Isola d’Elba, e avrebbe continuato oltre, fino alle coste laziali. Oggi, scavando in alcune spiagge pietrose dell’arcipelago toscano, troveremmo una pozza di petrolio, nerastra ed iridescente.

La Alyeska, la compagnia che gestisce il terminal dell’oleodotto alaskano, ha speso una fortuna in personale e tecnologie per la prevenzione degli incidenti. Il motto della compagnia è che oggi non si versa un cucchiaio di greggio senza che loro non siano pronti a raccoglierlo. Basta un giro nel suo terminal, dove si conclude il viaggio lungo 900 chilometri del greggio dal nord dell’Alaska fino a Valdez, per osservare le nuove misure per prevenire gli sversamenti di petrolio.

Nel ventennale dell’evento, il gruppo di lavoro di Storie della Terra ha deciso di andare a rivoltare i ciottoli delle coste del Prince William Sound, per sapere di piu’ riguardo a cosa si nasconde sotto questa vicenda.

In Alaska, abbiamo parlato con pescatori, scienziati, marinai, nativi delle comunita’ locali. Abbiamo navigato nelle acque che furono rovinate dal naufragio, camminato sulle spiagge che furono inquinate, volato su quei mari e quelle montagne che furono da cornice, innevata ed incontaminata, di un disatro che ha aggredito uno dei territori piu’ selvaggi d’america. Secondo noi e’ importante far conoscere l’eredita’ di questo disastro, per formare una societa’ consapevole della fragilita’ del nostro pianeta.

Alcuni dati tecnici:

Filmato ed editato in DVCPro HD - (720p - 50fps)

attrezzature sul campo:
N°1 Panasonic HVX 201 (Vocas mattebox)
N°4 P2 Card 32
N°2 P2 Card 8
N°1 Panasonic AG-HSC1U AVCHD Camera
N°2 SD Cards 16 Gig

N°1 Mac Book Pro 17"
N°6 250 Giga Hard Drive (Store & Backup)

N°6 Camera Batteries

N°1 Sennheiser radio-microphone

N°1 Sennheiser Boom - microphone

N°1 Sachtler FSB6 Fluid Head with carbon fiber Gitzo Legs

N°1 Kata Bag KT HB-207 for camera, lens, filter, accessories
N°1 Kata Torso Packs KT T-212 for mini camera, lens, filters

N°1 Nikon D90 for backstage photo/video

Link for HD visual Experience: http://www.vimeo.com/3576693

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